Nel mio intervento ho contestato che la vendita delle azioni del Porto sia stata decisa per ottemperare la normativa sulle società. In realtà il motivo sta nelle difficoltà di bilancio.
Con le entrate della vendita delle azioni la giunta Strescino copre le esigenze di spesa corrente, riesce a rispettare il patto di stabilità 2009 e i vincoli di bilancio precedenti. La giunta ha scelto la strada più facile e più comoda nell’immediato per sistemare il bilancio ma la più costosa per il futuro della città.
In Consiglio ieri sera - prosegue - gli esponenti della maggioranza hanno continuato a ripetere che non cambierà niente, addirittura che ci sarà un maggiore controllo del comune, facilitato dall’essere fuori dalla società. Non è vero. Un’area così vasta e così fondamentale in mano esclusivamente ai privati peserà in maniera determinante sul futuro della città. In primo luogo limiterà la fruibilità degli spazi per i cittadini. E poi condizionerà le sorti del porto di Oneglia, favorendone una destinazione funzionale al gigante porto turistico, governato da logiche esclusivamente private. Soprattutto condizionerà le prospettive economiche perché con la dismissione della quota pubblica i privati più facilmente gestiranno il porto come megaparcheggio di posti barca, senza dare nessuna importanza a quel che serve veramente alla città, cioè lo sviluppo dell’indotto e del lavoro.
Nel mio intervento ho fatto anche una piccola storia della società per sottolineare che siamo all’atto finale di una storia che ha visto una costante e progressiva subalternità del pubblico ai privati. Il picco negativo in questo senso si è registrato quando si è affidato alla società Acquamare di Caltagirone la realizzazione delle opere portuali, concedendogli il 70% delle aree portuali complessive con prevalenza assoluta di quelle più redditizie e quindi garantendo a Caltagirone stesso la redditività di gran lunga maggiore. Questa scelta contrattuale è stata effettuata dal CdA della società senza coinvolgere in alcun modo il Consiglio Comunale e i cittadini di Imperia. Perché si è rinunciato alla costruzione diretta del porto da parte della Porto di Imperia,appositamente costituita, per dare una sorta di 'subappalto' così rilevante a Caltagirone? La risposta è chiara: gli imprenditori locali hanno voluto azzerare il rischio di impresa e il Comune di Imperia ha accettato di porsi in una condizione di totale subalternità e di svendita ai privati. Data questa situazione la valutazione peritale ha un’importanza relativa. Perché certo il perito non poteva conteggiare quello che il comune ha conferito nel tempo senza mai farlo valere: dalle decine di miliardi di vecchie lire dei riempimenti al 'regalo' dell’Imperia Mare. Perché il perito in sostanza non ha potuto fare altro che valutare quello che alla fine del percorso è rimasto in mano al Comune, cioè il 10% del costruito, e la parte meno redditizia di esso.Cioè pochissimo rispetto a quello che il Comune ha effettivamente investito. Insomma altro che affarone. L’affarone è stato per Caltagirone e i privati locali. Il Comune invece ci ha messo decenni di rilevanti investimenti e altrettante garanzie politiche per le autorizzazioni e le progettazioni (senza le quali i privati non avrebbero potuto fare niente) e se ne va con un po’ di milioni -per sistemare il bilancio per qualche tempo- lasciando nelle mani dei privati una grande fetta della città. Insomma si tratta purtroppo di un’operazione tutta sbagliata, grave dal punto di vista della salvaguardia dell’interesse pubblico, un’operazione che caratterizza in maniera pesantemente negativa, adesso e nel futuro, l’operato del sindaco Strescino e della sua giunta.
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