venerdì 21 agosto 2009

Abusivissima 2009 - sabato 29 agosto


Ci sono molti modi per devastare il territorio. Si può inondare una periferia urbana con complessi industriali distruggendo l'ambiente ma producendo lavoro. Un compromesso accettato in nome dell'occupazione. Ma se una devastazione viene portata avanti senza compromessi, senza una contropartita, senza il lavoro? Si può accettare che una regione costituita da una breve striscia di terra tra mare e monti, veda un'immensa lingua di cemento dividere questi due elementi?
Lungo il nostro litorale c'erano camminamenti marini che affascinavano i poeti romantici inglesi dell'ottocento, tutto questo è scomparso. Ora ci restano gli abusi di chi costruisce edilizia residenziale, vende porti futuristici e immensi complessi turistici non tenendo conto né del cittadino, né del paesaggio, lasciando l'ennesimo parcheggio di barche a brancolare come una cattedrale nel deserto.

Caltagirone ha una storia trista e questo è documentato dai suoi precedenti lavori in Italia.
Si è espanso nel sistema azionario di “Porto di Imperia SPA” tramite la società “Acqua Marcia” in poco tempo ed ora ci troviamo un porto in cui il settore pubblico è stato pressoché espulso.
Caltagirone ha trattato per entrare in possesso del 70% di qualsiasi opera che è stata e verrà costruita, di conseguenza, alla conclusione dell'intera struttura, diventerà proprietario di quasi tutta la totalità del sistema portuale. Il tutto senza rischiare nulla di tasca sua, trattandosi di denaro “sulla carta”, riferito alla vendita dei posti barca. Non male per chi si è presentato come un grande benefattore per la città …

Il Comune attualmente compromesso nel sistema societario si è reso complice di un abuso edilizio, “il famoso capannone” su cui sta indagando la Procura e, multato dagli organismi preposti, si trova a sanzionare se stesso. La risposta della nuova amministrazione è quella di vendere anche il 10% che è rimasto pubblico, attestando di fatto l’enorme regalo che Imperia ha fatto agli speculatori privati.
Non solo il Comune paga la presenza dell'imprenditore romano. Anche i più illustri imprenditori locali (che facevano capo ad Imperia Sviluppo SPA) sono di fatto tagliati fuori dall'affaire “Porto Imperia”, grazie a giochi societari che li hanno estromessi da qualunque potere decisionale.
Anche grazie alla lunga catena di appalti e sub appalti che distanzia le fonti di liquidità dagli esecutori materiali delle opere si è già arrivati al fallimento di una ditta locale (i cui operai si trovano ora disoccupati e non pagati). E' facile immaginare che potrebbe non essere un caso isolato.
Ipotizziamo uno scenario doppio. Ipotizziamo che il porto vada bene, funzioni nel modo da loro previsto. Si creerebbe una zona costiera limitrofa al mare (espansa su tutto il litorale cittadino) di lusso ma separata dalla città, tale per cui le persone meno abbienti, causa affitti e costo della vita, verrebbero espulse verso l'entroterra.
Contrariamente, nella seconda ipotesi, nel caso in cui il porto non funzionasse, ci troveremmo con l'ennesimo cimitero di barche.
Non accettiamo questo immaginario. Vogliamo un territorio a misura d'uomo, in cui il cittadino sia immerso nel contesto naturale senza il minimo impatto su di esso.
Crediamo che chi vive, lavora e studia in queste terre abbia maggiore voce in capitolo di chi ha deciso di comprare un'immensa area di questa città, di chi costruirà un porto in cui i normali cittadini non potranno mettere piede, di chi ha costruito un parco urbano, ma avrebbe preferito un campo da golf.
Chiediamo all'amministrazione comunale di aumentare la capacità decisionale del pubblico rispetto al privato all'interno del porto turistico, in modo che il cittadino possa trarre maggiori vantaggi e maggiore forza contrattuale nei confronti di quegli imprenditori che di questo passo potrebbero chiudere le banchine agli imperiesi e ai pescatori, fino a impossessarsi del grande evento delle “Vele d'Epoca”.

Ci troveremo sabato 29 agosto da liberi imperiesi, costruiremo in spiaggia un capannone senza chiedere nessuna autorizzazione dimostrando che dove è tollerato un abuso sul litorale possono esserne tollerate altri. Intorno a questa struttura prenderemo il sole, balleremo e parleremo di territorio con Marco Preve (Giornalista La Repubblica) e Nicola Podestà (ex Direttore Osservatorio Meteorologico di Imperia). Con noi ci saranno tutti quei cittadini liberi che credono che il turismo debba essere sano e responsabile. La sera abbatteremo il mostro, dimostrando che a noi piace il mare senza il cemento, quello delle spiagge alla portata di tutti, senza stabilimenti e barriere all'ingresso. Quella stessa concezione di balneazione che porterebbe qui migliaia di vacanzieri che in tempo di crisi non riescono a reggere spese di ombrelloni, lettini e yacht. Rimuoveremo il capannone perché a noi piace ancora osservare (come direbbe Fabrizio De André) “il lenzuolo che gonfia sul cavo dell'onda”.

Gli organizzatori:
Giovani Democratici - Giovani Comunisti - Sinistra per Imperia- Con Imperia - CSOA La Talpa e l’Orologio – Liberamente - ARCI ACPO - ARCI Guernica- Garabombo l'invisibile - Collettivo Studentesco il Bombarolo

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